«Cara Unione,

vorrei esprimere la mia immensa, infinita gratitudine al professor Massimo Madonia, il Primario della Clinica Urologica di Sassari, per l'intervento da lui effettuato a salvaguardia della mia salute, e anche al suo staff, a tutto il personale della clinica – medico, paramedico, OSS – insomma a tutti, tutti dalla A alla Z, nessuno escluso.

Ho trovato il personale altamente qualificato, paziente, gentile, disponibile, senza mai un gesto o un'espressione di scontentezza o di fastidio, sia nei turni diurni sia in quelli notturni.

Qualcuno potrebbe dire: è il loro dovere. Sì, ma loro vanno oltre: lavorano con il cuore e lo senti subito, da come vieni accolta, rassicurata, accudita. Grazie di cuore e un caloroso abbraccio.

Infatti se ho qualche sassolino da togliermi dalla scarpa, non è per loro, ma per il SSN e, in particolare, la sanità sarda.

Ovviamente la situazione non è imputabile alla clinica, dove si opera 7 giorni su 7 nonostante manchino gli spazi, il personale e gli strumenti: è il sistema che spinge questi Professionisti con la P maiuscola a doversi spaccare la schiena per prendersi cura dei loro pazienti.

Nonostante la nostra Costituzione parli di pari diritti alla salute e alla cura per tutti i cittadini italiani, in una regione povera come la Sardegna o si va fuori o si rischia di morire nella lista d'attesa. Dal momento della diagnosi all'intervento, ho dovuto aspettare CINQUE mesi, pur essendo registrata come classe A (entro 30 gg). Durante tutto questo periodo, i pazienti oncologici sono abbandonati a se stessi: parlare di supporto psicologico prima dell'intervento è pura utopia. Si rimane da soli con le proprie paure, dubbi, incertezze, disperazioni, mentre giorno dopo giorno, il calendario marcia verso l'ignoto. Altrove in Italia, so di amici a cui un aiuto psicologico è invece stato offerto immediatamente.

E pur con tutti i dirigenti per assumere i quali i fondi non mancano mai, il personale vero, quello che si occupa dei pazienti, deve anche scontrarsi con un'onnipresente disorganizzazione: cartelle cliniche che non vengono comunicate, visite improvvise (per lo specialista) il cui motivo non gli è specificato, turni poco chiari, incomunicabilità non solo tra una struttura e l'altra, ma tra i diversi reparti della stessa clinica.

Non solo: al momento delle dimissioni (avvenute giorni prima del previsto, in parte grazie all'abilità indiscussa del prof. Madonia, in parte di sicuro per risparmiare sulla degenza), non viene data nessuna informazione sulla dieta, sulla prassi igienica personale durante la convalescenza, su quando, quanto e come fare movimento: solo informazioni sulle medicine da prendere, sulla medicazione dei punti di sutura, e una data per una visita di controllo che non viene nemmeno comunicata al dottore che dovrà eseguirla. Come prima dell'intervento, niente assistenza psicologica in attesa dei risultati della biopsia. Tutto ciò è insufficiente per un malato: la dottoressa mi ha appoggiato il foglio delle dimissioni sul letto mentre noi stavamo pranzando e subito è uscita per correre dal paziente successivo. Chiedi a chi vuoi se hai dei dubbi.

Non credo che con i tagli continui sulla sanità le cose possano migliorare...

Ancora una volta, voglio precisare che non sto attribuendo la responsabilità ai dottori, agli infermieri e al personale. Anzi, sperimentare sulla mia pelle la loro umanità e la cura che mettono su ogni paziente fin dove possibile è ancora più impressionante se ci si sofferma a pensare a quali mancanze strutturali devono sopperire. Queste persone sono davvero i nostri eroi e le nostre eroine, meritano non solo un mio sentito ringraziamento, ma anche dei fondi che permettano loro di essere affiancati da colleghi con cui suddividere il lavoro in modo che sia più umano anche per loro, e strutture e strumenti all'altezza delle loro capacità e delle necessità dei pazienti.

Grazie, medici, infermieri e personale; un po' meno, federalismo fiscale e SSN. Perché la radice delle ineguaglianze che noi Italiani ci troviamo ad affrontare sta tutta lì.

Ps: per le regioni "virtuose", che sono convinte di amministrare bene i loro fondi sanitari, ricordate che la qualità della sanità di un Paese si misura dalle zone più povere e periferiche. E che qualunque regione, come abbiamo ben visto, può trovarsi a dipendere non solo dai vicini, ma anche da Stati esteri. È bene ricordarcelo quando puntiamo il dito altrove.

Per favore vi chiedo di omettere le mie generalità, non l'ho scritto per pubblicizzare me, ma per ringraziare chi mi ha salvaguardato la salute».

Lettera firmata (*)

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