Hanno spento i motori, stretto le cime alle bitte. È spettrale il silenzio nel piazzale del Porto che fu di Tharros. A ridosso delle navi cariche di pale eoliche, che da lunedì mattina sovrastano l’orizzonte del Golfo di Oristano, stazionano quattro “caschi gialli”, protesi quasi in contemplazione verso quei “giganti eolici”. Niente si muove al cospetto dell’invasione ormeggiata sulla banchina di testa dello scalo destinato prima al grano e agli estratti petroliferi, poi al gas e ora alle pale eoliche.

Deserto al Porto

Nessuno si è presentato all’ingresso al molo “del vento” per rivendicare quella montagna di eliche ciclopiche destinate a sventrare strade e crinali, paesaggi e tramonti. Gli indiziati sono rimasti coperti. Le carte sono tutte avvolte nel Palazzo della burocrazia ministeriale, in attesa di un via libera che ancora non arriva. Nei meandri dei progetti, però, si scorgono, come fosse una mappa d’assalto al fortino paesaggistico della Sardegna, le coordinate dell’invasione.

I colonizzatori

Ci sono tutti o quasi, dalla Saras a Sorgenia, dall’Enel alla Jp Morgan. La maggior parte dei colossi del petrolio, dalla Erg alla Repsol, dagli spagnoli di Acciona ai tedeschi plurimarca. Le carte parlano chiaro: sbarco a Oristano. Il piano è tracciato nei minimi dettagli con un caposaldo nel cuore della Sardegna occidentale: un porto a scartamento ridotto, capace, però, di irraggiare quelle pale eoliche in tutte le principali direttrici dell’assalto in terra sarda. Quasi si fossero messi tutti d’accordo, il punto di attracco è quello di Oristano. Lo hanno pianificato nelle tavole della viabilità di decine di parchi eolici pianificati in ogni angolo dell’Isola, da nord a sud, sino a spingersi sino al versante dell’entroterra ogliastrino.

Oristano “caput” eolico

Le navi giunte nel porto a ridosso della laguna di Santa Giusta in questo caso sono solo il primo passo di uno scacchiere destinato a stravolgere il paesaggio della Sardegna, a sfregiare per sempre orizzonti e ambiente. Gli indizi sulla destinazione di queste pale sono almeno due. Il primo è quello del produttore degli aerogeneratori: si tratta della Vestas Wind Systems. La base operativa è in Danimarca, ma ha stabilimenti in mezzo mondo, Spagna compresa. Il secondo indizio è la provenienza della nave principale, quella “targata” “Madeira”, bandiera portoghese, ma in arrivo dal porto di Las Palmas de Gran Canaria. Uno scalo non proprio spagnolo, se non sul piano statuale. È da quel “piccolo scoglio” a ridosso del Marocco, davanti a Western Sahara, nel versante dell’Africa occidentale, che quelle turbine hanno preso il largo verso la Sardegna. Due elementi, Vestas e Spagna, che potrebbero lasciar intendere due strade distinte o convergenti: le pale sono destinate a progetti a matrice spagnola in terra sarda, oppure Vestas, attraverso i piani delle società iberiche in Sardegna, ha deciso di cominciare con largo anticipo a posizionare nell’Isola un proprio centro di stoccaggio anche in considerazione dei tempi di trasporto e di produzione di questi “giganti” del vento. L’ipotesi di una base logistica “eolica” nello scalo oristanese del resto è stato messo nero su bianco da tutti i colossi che hanno presentato progetti in ogni angolo di Sardegna. Lasciare il porto di Oristano, per queste pale appena arrivate, del resto, non sarà partita semplice. Non gli basterà posizionare un cartello “trasporto speciale” nelle macchine battistrada di testa e di coda. I piani di trasporto su strada dei colossi eolici, indicati nei progetti, e che pubblichiamo, sono da “sbarco militare”, con devastazione di tracciati stradali, eliminazione di rotonde, sbancamenti di scarpate, eliminazione di reti elettriche, cancellazione di ogni segnaletica verticale, decapitazione di alberi e ogni genere di vegetazione. Non solo, entreranno, o meglio vorrebbero entrare nei centri abitati dei piccoli paesi della Sardegna, stravolgendo viabilità e abbattendo ogni ostacolo che si frapponga al transito di quelle pale eoliche con una lunghezza superiore ai centocinquanta metri.

Santa Giusta off limits

In questo caso, per questi “colossi”, sarà impossibile anche uscire da Oristano. I progettisti si sono quasi tutti affidati ad una società di trasporti “pescata” dall’altra parte dell’Italia, a Guardiaregia, Campobasso, in Molise. Il quadro delle demolizioni per uscire da Oristano è declinato con la “semplicità” di chi non è abituato a bussare in casa d’altri. Figuriamoci se “i signori del vento” si mettono problemi per uscire dal porto di Oristano.

Ruspe & motoseghe

Il “piano di invasione” si candida a superare il primo ostacolo a colpi di ruspa:«all’uscita dalla zona industriale di Oristano, in corrispondenza dello svincolo per la SS 131, il transito dei convogli speciali impone l’esigenza di realizzare i seguenti interventi di carattere temporaneo in corrispondenza di una rotatoria: rimozione di segnaletica verticale; rimozione provvisoria di n. 3 isole spartitraffico, livellamento stradale necessario per l’intera fase di trasporto della componentistica delle macchine eoliche presso il sito di progetto». Il trasporto, però, non durerà qualche giorno:«nel transitorio (allorquando le esigenze di trasporto non lo richiederanno) si provvederà a ripristinare le isole spartitraffico e la segnaletica rimossa attraverso installazioni di carattere temporaneo e amovibile».

Modalità provvisoria

Come dire, la viabilità resterà provvisoria in eterno, visto che lo “sbarco eolico” sta solo per iniziare. Certo, secondo i piani, non passeranno solo nelle strade statali, dove l’Anas di Stato si sperticherà per favorire l’invasione, ma non sarà altrettanto facile passare nei centri abitati, sia delle città che dei paesi, stravolgendo viabilità, tagliando la corrente elettrica aerea e radendo al suolo vegetazione “disturbatrice”. L’ultimo argine per questa “demolitrice invasione”, pianificata dai novelli “incursori del vento”, potrebbero essere proprio le ordinanze dei Sindaci sulla viabilità. Non c’è scritto da nessuna parte che i centri abitati debbano essere stravolti a suon di ruspe e motoseghe. Un dato, però, è certo: quando cominceranno a smontare strade e paesi, sarà troppo tardi. L’invasione va fermata prima e senza perdere altro tempo.

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