«Ho preso la decisione di dimettermi da Presidente della Repubblica, spero che tutti lo consideriate un gesto onesto, di servizio alla Repubblica».

Così il 25 aprile del 1992 Francesco Cossiga annunciava a reti unificate la sua intenzione di lasciare il Quirinale tre mesi prima della scadenza naturale del mandato.

Una mossa, quella del politico sassarese, destinata a restare nella storia dell'Italia, allora sconvolta da Tangentopoli e con la Prima Repubblica ormai agli sgoccioli. Decisione successiva alle elezioni politiche che decretarono il crollo dei partiti tradizionali.

«Ho un dovere - aveva spiegato Cossiga dopo aver comunicato la decisione di fare un passo indietro - quello di permettere che venga qui un Presidente forte, che sia almeno forte perché eletto dal nuovo Parlamento. E quindi la mia scelta dovrebbe permettere al nuovo Parlamento di dare al Paese un Presidente che, forte per la sua elezione e per l’ampiezza temporale e di contenuti del suo mandato, possa affrontare questa grave crisi politica e istituzionale e promuovere la formazione di quel governo che voi con il vostro voto avete voluto».

Cossiga quindi lanciò un appello a tutti gli italiani: «Questo è un Paese che non sarà una grande potenza politica, che non sarà una grande potenza militare, forse questa è una benedizione di Dio, ma che è un Paese di grande cultura, di grande storia, è un Paese di immense energie morali, civili, religiose e materiali. Si tratta di saperle mettere assieme e si tratta di fondare delle istituzioni che facciano sì che lo sforzo di ognuno vada a vantaggio di tutti. Che Dio protegga l’Italia, viva l’Italia, viva la Repubblica».

Le dimissioni di Cossiga rappresentarono una vera e propria cesura nella storia del nostro Paese, segnando di fatto la fine della Prima Repubblica travolta dalle inchieste giudiziarie.

(Unioneonline)

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