Nessuno dica che Joseph Robinette Biden e Xi Jinping, Presidente degli Stati Uniti d’America il primo, Segretario generale del Partito Comunista Cinese e Capo indiscusso della Repubblica Popolare Cinese il secondo, non vanno d’accordo. Sulla speculazione eolica e fotovoltaica in terra sarda, per esempio, hanno un obiettivo comune: invadere l’Isola a colpi di pale eoliche e infinite distese di pannelli di silicio.

Cina & Usa

Il piano di “occupazione” è articolato: da una parte il “braccio” operativo cinese direttamente collegato al Partito-Stato, la multinazionale Chint, dall’altra la più potente delle banche d’affari “a stelle e strisce”, la Jp Morgan. Una competizione per adesso a distanza, ma che potrebbe presto incrociarsi sulle strade dell’Isola. Certo, i banchieri d’America sono partiti con largo anticipo e hanno piantato bandierine in terra e in mare, coprendo tutto lo scibile delle rinnovabili, dal sole al vento, pianificando una calata imponente grazie a “coperture” politiche internazionali e i “buoni uffici” dei Palazzi di Roma, da sempre sensibili al fascino degli affari americani nel Bel Paese.

Il “colpaccio” cinese

I cinesi, invece, sono appena sbarcati, ma lo hanno fatto con l’impeto di chi non va per il sottile. La pubblicazione in esclusiva da parte del nostro giornale dei documenti sull’acquisto da parte della società cinese “Chint” di un progetto da mille ettari di fotovoltaico, per devastare a colpi di specchi di silicio la Piana della Nurra, nelle frazioni agricole di Sassari, ha rivelato un colpo ad effetto messo a segno dai “mandarini del sole” in terra sarda. Un’operazione capace da sola di superare, e di molto, l’intero investimento solare degli americani nelle terre agricole dell’Isola.

Record sulla Nurra

Quei mille ettari che i cinesi hanno comprato dalla spagnola “Enersid” segnano un record senza precedenti in Sardegna, in Italia e anche in Europa. Contratti e atti notarili che rivelano come i cinesi avessero già da tempo, proprio attraverso la società spagnola, messo nel mirino la Sardegna. Pur di mettere le mani su quella piana alla periferia di Sassari non hanno saputo nemmeno attendere l’esito della valutazione di impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente. Hanno comprato punto e basta, seppur con qualche norma di salvaguardia, in attesa dell’eventuale approvazione che hanno comunque, con non poco ottimismo, fissato per dicembre 2025.

Americani nel Nuorese

Chi, invece, nell’Isola va avanti a colpo sicuro sono gli uomini della Jp Morgan. Le operazioni finanziarie nell’Isola, salvo l’eolico a mare, vanno avanti spedite. Dopo aver messo nel sacco oltre 300 ettari di terre agricole alle pendici di Monte Arcosu, realizzando una distesa devastante di pannelli di silicio, tutti cinesi, i “colletti bianchi”di Jp Morgan hanno puntato dritti su un’altra delle aree “violentate” e “depredate” dell’Isola, quella di Ottana. Meccanismi consolidati: acquisti a pacchetto chiuso, terreni e progetti approvati o in fase di approvazione, cantieri a spron battuto, con imprese venute da chissà. Anche nella piana nuorese, infatti, gli americani si sono affidati alla spagnola “Caaf”, la società dei treni e delle ferrovie, che in Sardegna, invece, è al servizio di banche d’affari e dei “signori” del fotovoltaico. Quando si irrompe nelle “tenebre” industriali di Ottana, lasciate senza epitaffio dall’Eni, in fuga da sempre, lasciando inquinamento e bonifiche dimenticate, hai la sensazione che il paesaggio abbia ceduto il passo ad un disastro ambientale senza precedenti. La corsa, qui, nella terra arsa dalla petrolchimica e dalle cavallette di biblica memoria, non si è mai fermata. Società che moltiplicano a dismisura lo stravolgimento di colline e promontori. Un’occupazione selvaggia, dove l’effetto cumulativo non è stato mai valutato. Qualcuno ha pure azzardato chiamarla “comunità energetica”. Quando ti affacci davanti ai cartelli, striminziti e austeri di informazioni, capisci subito che qui di “comunità energetica” non c’è niente.

Mega speculazione

La mega speculazione nella zona industriale di Ottana, invece, ha nomi e cognomi, impressi nelle visure camerali e negli atti notarili. Tutti profittatori internazionali e continentali che incassano centinaia di milioni di incentivi, promettendo qualche umiliante elemosina ai Comuni interessati, quelli di Ottana, Noragugume e Bolotana. L’ultimo “sbarco” nella terra delle due ciminiere vessillo della disfatta industriale è quello americano. Quando ti imbatti sulle colline dolci alle spalle degli impianti petrolchimici in fase di smantellamento ti rendi subito conto che i bulldozer non guardano in faccia nessuno. Con la grazia della devastazione hanno iniziato a scorticare centinaia di ettari, prima dediti alla pastorizia e all’agricoltura, e ora pronti ad accogliere “vigneti d’acciaio”, su cui poggiare infinite distese di pannelli pronti all’assalto al sole di Ottana e dintorni.

Incursione misteriosa

L’incursione americana è criptata. Nell’unico cartello di cantiere, posizionato quasi per pudore in un angolo anonimo e invisibile, c’è scritto tutto: società proponente del progetto è la “Sonnedix”, ovvero la multinazionale al cento per cento di proprietà della Jp Morgan, la banca numero uno d’America. Come siano arrivati da New York, lasciando i grattacieli di Wall Street per Ottana, è un mistero, tutto blindato negli atti notarili di una caterva di società e soci che si sono susseguiti in un vortice di plusvalenze, passando dalla “Graziella Green Power S.p.A.” alla “Karalis Solar Farm srl”. Il progetto ora nelle mani di “Sonnedix” mantiene il nome dei primi proprietari "GGP Noragugume". Obiettivo un impianto da 92.736 moduli fotovoltaici in silicio monocristallino per una potenza di 50 megawatt.

Mare & terra

Un progetto che lascia comprendere come gli americani non si pongano limiti territoriali. Sino ad oggi avevano concentrato le “ambizioni solari” tutte su Uta e Macchiareddu, ora, invece, con l’operazione Ottana puntano a nuove “conquiste” lasciando comprendere che lo “shopping” in terra sarda non è finito. Uno scacchiere a stelle e strisce che punta a mettere le mani anche su due tratti di mare straordinari, quello del Golfo degli Angeli a sud, tra Pula e Domus de Maria e l’altro al nord dell’Isola tra Olbia e Siniscola. Progetti devastanti capaci, però, di generare guadagni stratosferici, quelli che bramano i finanzieri venuti da lontano. La nuova frontiera della speculazione nell’Isola di Sardegna non ha più confini: va impunemente dalla Cina agli Stati Uniti. A loro del paesaggio nella terra dei Nuraghi interessa poco o niente. Cercano solo terre per conquistare pale, pannelli e incentivi miliardari.

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