Il treno di Lollobrigida, i quadri di Sgarbi, i libri di Sangiuliano, il capodanno di Pozzolo. E poi lei, Giorgia Meloni, e il percorso che l'ha portata al vertice della politica italiana. “La sciagura: cronaca di un governo di scappati di casa” fin dal titolo lascia capire, per chi non lo sapesse, da quale parte sta Andrea Scanzi, firma di punta del Fatto Quotidiano, in arrivo il 26 maggio al Teatro Massimo di Cagliari con un monologo in linea con i suoi articoli, i sui video social, i suoi commenti in tv.

«Quando le cose sono evidenti bisogna essere chiari. Ci sono troppi giornalisti morbidi, pavidi, mansueti davanti a questo che è un governo orribile, seppur eletto democraticamente».

Nel suo spettacolo parla di clima sussiegoso.

«Non tutti, è chiaro, e poi detesto le generalizzazioni. Io penso in realtà al sistema televisivo, quasi tutta la Rai, tutta Mediaset tranne Bianca Berlinguer. Ma anche i giornali ritenuti antigovernativi come il Corriere della Sera e la Stampa: a me non sembrano sulle barricate. Io immagino un sessantenne che vede solo la Rai: pensa che Giorgia Meloni sia Margaret Thatcher o Wiston Churchill».

Monologo politico.

«È satira politica, lo spettacolo fa sorridere tra informazione e denuncia».

Com’è strutturato?

«Cento minuti in tutto: nei primi cinque parlo col pubblico e racconto la realtà locale».

E com’è la realtà di Cagliari?

«Dovete dirmelo voi».

Noi la conosciamo ma, lei che deve raccontarcela, come la vede?

«Ora si vota per l’elezione del sindaco. Quello uscente ha fatto un disastro e si è visto alle Regionali, dunque il centrosinistra ha il match point. E comunque, l’esempio sardo è la strada».

In verità in Abruzzo e Basilicata il campo largo è stato sconfitto dal centrodestra.

«Premesso che ogni regione è diversa, in Sardegna ha funzionato per due motivi. Il primo: la candidata era convincente e forte, in Abruzzo e Basilicata no».

Lo dice perché Todde ha ottenuto 40.000 voti in più delle liste?

«Esatto. La seconda motivazione: è stato fatto un campo largo senza Calenda e Renzi».

Ma proprio ora a Cagliari Calenda sosterrà Massimo Zedda alle Comunali.

«Massimo Zedda è così credibile che potrebbe includere anche Calenda. A livello nazionale non vedo possibile una coalizione con Calenda, Renzi, Schlein e Conte poiché l’obiettivo di Calenda è distruggere i Cinque Stelle».

Dopo l’inizio su Cagliari lo spettacolo come continua?

«Con Giorgia Meloni: com’è diventata premier, i suoi discorsi più famosi, cronaca».

Nulla su Vannacci?

«Nella parte centrale c’è una zoomata su alcuni nomi, incluso il generale. La sua candidatura alle Europee non mi stupisce ma non c’entra niente con la vecchia Lega ed è la prova che Salvini è politicamente alla canna del gas, anche se Vannacci avrà un grande successo elettorale».

Parla anche dei ministri?

«Mi soffermo soprattutto su di loro. La parte finale invece è una sorta di “e adesso che facciamo”? E lì ironizzo sia sul centrosinistra che sul centrodestra».

Giornalismo, politica, teatro: è la nuova frontiera dell’informazione?

«Sì, lo faccio da 14 anni, non mi sento solo un giornalista, sono anche  autore, scrittore e interprete teatrale. Faccio 50/60 date all’anno e non è solo politica ma anche musica, con Gaber, De André, i Pink Floyd».

Ma perché i monologhi dei giornalisti hanno successo?

«Non sempre».

Sì, certo, bisogna saperli fare. Ma perché la gente riempie i teatri?

«Le persone si sentono sole e vogliono sentire qualcosa che vorrebbero dire loro o ascoltare dai politici».

Si sentono comunità?

«Vogliono farsi selfie, parlare, toccare. Il crollo dell’affluenza alle urne è drammatico ma le prime 5 date del mio tour sono sold out».

Quindi?

«Sono disillusi, non menefreghisti».

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