Baunei, Cala Goloritzè la spiaggia silenziosa dell’Ogliastra
Nata da una frana ha un arco di pietra sul vuoto e una guglia che sfida il cieloPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La prima cosa che colpisce è il silenzio che scende dalle falesie dell’Ogliastra come una colata d’aria chiara.
Cala Goloritzè non ha bisogno di accoglierti: è lì, immobile, come un paesaggio già compiuto. È l’idea di una bellezza che non si lascia banalizzare e che conquista la vetta del ranking mondiale: un anfiteatro di pietra, silenzio e ostinato splendore.
Nessun chiosco, nessun pontile, nemmeno un sentiero comodo, per arrivarci bisogna guadagnarsi ogni passo: tre chilometri e mezzo di calcare e macchia mediterranea, in una discesa che si fa penitenza laica e una salita che somiglia a un ritorno in sé. Oppure si arriva dal mare, ma solo fino a un certo punto: poi le barche si fermano, il rumore finisce e si entra a nuoto, con i remi e tanta volontà in un’altra dimensione.
Oggi Cala Goloritzè è la spiaggia più bella del mondo. A dirlo è la classifica The World’s 50 Best Beaches 2025, che la colloca al primo posto assoluto, sopra icone tropicali da cartolina. Ha battuto Polinesia, Seychelles e Thailandia non a colpi di resort, ma con il rumore della sua assenza: nessuna strada, nessun bar, niente musica in sottofondo. Solo mare e montagna, in un connubio che lascia senza fiato.
A renderla unica non è soltanto la geografia, il bianco lunare dei ciottoli, l’arco di pietra scavato dalle onde, le sorgenti che sgorgano tra gli scogli. È l’etica, più ancora dell’estetica.
La spiaggia nasce nel 1962, figlia di una frana. E da allora ha scelto il silenzio come firma. Nel 1995 è stata dichiarata monumento naturale e da allora difesa con regole severe: accessi contingentati, ormeggi vietati, flussi monitorati. Il risultato? Un piccolo miracolo: la natura, qui, ha ancora voce. Ed è abbastanza forte da scalare le classifiche internazionali.
Attorno, falesie alte 500 metri ricoperte di macchia mediterranea profumano l’aria, mentre la foresta retrostante — lecci, corbezzoli, lentischi — accoglie chi arriva a piedi. A nord, una minuscola spiaggia con sorgenti d’acqua dolce. A sud, un arco naturale, la guglia calcarea di Punta Caroddi, 143 metri di roccia pura, che il mare ha scolpito con la pazienza di un artista cieco.
Negli anni Ottanta è stata conquistata da due pionieri del free climbing, Maurizio “Manolo” Zanolla e Alessandro Gogna, che con la via “Sinfonia dei mulini a vento” trasformarono questa parete in un tempio verticale. Da allora, Goloritzè non è solo meta balneare, ma è pellegrinaggio per climber, escursionisti, cercatori di silenzi.
E ancora oggi, quel silenzio non si è rotto. Nessun resort lo ha corrotto, nessuna folla lo ha sfigurato. Cala Goloritzè è rimasta se stessa, simbolo, non solo del territorio di Baunei, che la custodisce come una figlia ribelle, ma di un’idea diversa di turismo: quello che non consuma, ma contempla. E forse è proprio per questo che ha vinto.