I l magistrato ha le sue ragioni che la ragione non conosce. Ci perdoni Blaise Pascal di questa parafrasi della sua celeberrima frase. Non dubitiamo della ragionevolezza di chi, giudice, ha liberato dagli arresti domiciliari Moustafa Kawanda, 29 anni, cittadino italiano di origine egiziana; ma la nostra ragione, non illuminata dal faro della scienza giuridica, che rende onniscienti, si è smarrita davanti alla motivazione della sentenza. Moustafa era stato arrestato per «propaganda e associazione a delinquere finalizzate all’istigazione all’odio razziale e religioso e apologia della Shoah». Nei suoi propositi c’era la volontà di contribuire alla «distruzione di Israele e andare a Gaza per combattere e morire per Hamas». Nonostante la pesante accusa, dieci giorni dopo lo stesso tribunale che lo aveva fatto recludere lo libera perché «si è dimostrato dispiaciuto e disponibile a riconsiderare le proprie affermazioni». Insomma, aveva scherzato, come sanno scherzare i bravi ragazzi di Hamas. Il giudice ne deduce che i propositi criminali di Moustafa sono la conseguenza del «particolare stato di ansia e tensione nei quali egli si trovava nei giorni successivi al 7 ottobre». Il giovane, evidentemente molto sensibile, era in stato di agitazione. E se uno è agitato va giustificato. Ragazzi, la porta è aperta, agitatevi prima dell’uso e sarete perdonati.

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