Nomine Ue: primo ok al bis di Ursula von der Leyen, sì anche a Costa e Kallas. Strappo di Meloni
La premier contro l’accordo dei sei negoziatori del Ppe planato sul vertice dei 27 senza possibilità di emendarloPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
I leader Ue blindano nella notte l'accordo confezionato da Popolari, Socialisti e Liberali e consegnano le chiavi dell'Europa che verrà ancora a Ursula von der Leyen. Il sì alla triade che la tedesca formerà per i prossimi cinque anni con Kaja Kallas nelle vesti di Alto rappresentante Ue e Antonio Costa a guidare i lavori del Consiglio europeo ha trovato la maggioranza qualificata - rafforzata - necessaria intorno al tavolo dell'Europa building.
Nonostante il negoziato serrato trainato dai popolari Ue per convincere anche l'esclusa Giorgia Meloni, l'Italia ha bocciato l'intesa astenendosi sul nome della tedesca e votando contro l'estone e il portoghese in attesa di far contare i propri voti alla Plenaria dell'Eurocamera, a luglio.
La premier Giorgia Meloni alla fine ha optato per la linea dura, tenendo fede ad un concetto già espresso alle Camere e ribadito in tarda notte, al termine di un summit complicatissimo: «Le nomine Ue sono sbagliate nel metodo e nel merito. È una mancanza di rispetto ai cittadini». Una posizione isolata perché alla fine anche la Slovacchia ha votato a favore delle tre nomine ai top jobs Ue. E perfino Viktor Orban, sul nuovo presidente del Consiglio europeo si è smarcato, tenendo fede alla sua filosofia di una Europa intergovernativa e non a immagine e somiglianza della Commissione.
Meloni protesta contro un accordo studiato a tavolino dai sei negoziatori del Ppe e planato sul vertice dei 27 senza possibilità di emendarlo. A nulla è servita la mediazione del Ppe e la moral suasion di Antonio Tajani, che al summit dei Popolari è tornato a chiedere una netta apertura ai Conservatori. A nulla, inoltre, sono servite le affermazioni dei leader europei, entrando all'Europa Building, sulla necessità di tenere l'Italia dentro l'intesa sui top jobs. Meloni, alla fine, non ha cambiato idea, scagliandosi contro «una logica da maggioranza e opposizione che non ha alcun senso».
Adesso non saranno giorni semplici, quelli che separano l'Italia al voto della Plenaria su von der Leyen, ma di trattative intense, sotterranee, con il governo pronto a rilanciare la richiesta di una delega di peso. Ma, dall'altra parte, il muro dei Socialisti e dei Liberali è destinato ad alzarsi ulteriormente.
La premier, tuttavia, ha intenzione di tirare dritto. «Accodarsi non serve a uscire dall'isolamento. Non sono d'accordo che il voto contrario mette a rischio la nostra posizione in Ue. Sarebbe vergognoso se ce la facessero pagare», ha avvertito Meloni in un lungo punto stampa notturno. L'astensione su von der Leyen - ha puntualizzato - è frutto di una coalizione di governo divisa sul voto sulla presidente uscente, con FI favorevole e la Lega totalmente contraria. Ma, ha avvertito, per ora «non abbiamo risposte politiche» sul programma dalla presidente uscente.
«È importante lavorare bene anche con l'Italia», è la mano tesa da von der Leyen nonostante l'astensione.
(Unioneonline/D)