Qui, in quella che doveva essere la scommessa portuale del centro Sardegna, i binari sono ridotti ad un groviglio di ruggine imbalsamato dal tempo. Quelle sbarre orizzontali piazzate come serpenti di ferro tra le strade d’accesso di questo porto industriale segnano il declino di un’ascesa che non c’è mai stata. Il proscenio è disseminato di capannoni ciclopici occupati da volatili e macerie. Il maestrale, all’alba del Sinis, sferza persino quel profumo di fette biscottate appena sfornate dal grande pastificio rivolto sul Golfo di Oristano, unico simbolo di una produzione tutta locale. Per il resto, è tutta una contraddizione. C’è il carbonile, ci sono i serbatoi ciclopici di petrolio, gasolio, benzina e persino i bomboloni del gas.

Lo sbarco eolico

Quando all’orizzonte della darsena di quel porto deserto sta per attraccare la “Uhl Frontier”, nave cargo molto speciale, battente bandiera portoghese, in pochi sanno quel che trasporta. Il “gigante” dei mari ha solcato per giorni il Mediterraneo occidentale, dopo aver salpato da “Puerto de la Luz”, una dependance delle Isole Canarie, tra Santa Cruz de Tenerife e Fuerteventura. Il vento soffia gelido e radente, quando la livrea “United Heavy Left” sta tagliando di netto il maestrale, percorrendo il varco d’ingresso del porto industriale di Oristano. Appena la prua si presenta in banchina si capisce lontano un miglio che l’invasione eolica sta per sbarcare nel cuore della Sardegna. Il porto prescelto è quello più lontano e discreto, silente e circospetto, marginale e fuori da occhi indiscreti.

Tamburi di guerra

Eppure, quando il “bastimento” aggancia le bitte, il tam tam è un tamburo di guerra. L’immagine lascia attoniti, al solo pensiero di uno sbarco destinato a moltiplicarsi per cento, per mille, sino a non lasciare nemmeno un crinale dell’Isola intonso, deturpando per sempre il paesaggio nuragico dell’Isola più antica del Mediterraneo. Nei giorni scorsi le prime pale erano arrivate, scaricate nel piazzale, senza lasciare impronte digitali. Ieri, invece, la prima nave eolica, ha “sùbito” la gloria del “red carpet”, immortalata in lungo e in largo come simbolo di quella invasione sempre denunciata, ma non ancora materializzata con il plateale sbarco dal mare. Non passa molto tempo che il porto della “Sartiglia” inanella il secondo attracco della mattinata. La consocia del vento, la motonave “Happy Ranger”, battente bandiera olandese, arriva poco dopo, con a bordo i piloni che dovranno sorreggere quelle eliche ciclopiche stivate nella prima nave dedicata al “Giorno della devastazione paesaggistica” della Terra di Sardegna. I messaggi di allarme scorrono nelle chat dei comitati, con qualche “parvenu” che tenta di “sminuire” l’attracco con giustificazioni che sfociano nel ridicolo, dalla tesi che si tratti di “pezzi di ricambio” o che siano eliche solo di passaggio nel porto di Oristano. Le trentasei pale distese una sull’altra nella stiva della nave, ovviamente, non possono essere pezzi di ricambio, visto che per dimensioni mal si conciliano con impianti esistenti. Semmai quel carico può essere destinato a operazioni di cosiddetto “revamping” congegnate dal Governo Draghi con atti d’imperio per sostituire pale eoliche di dimensioni ridotte con veri e propri “dinosauri” del cielo, gli aerogeneratori di ultima generazione marchiati “Vestas”, capaci di una potenza che passa dai 3 ai 6,8 megawatt. “Grattacieli” da 70 piani d’altezza da piazzare in mezzo ai crinali più esposti dell’Isola, quasi a delimitare i nuovi confini delle multinazionali pronte ad appropriarsi di paesaggio e ambiente senza colpo ferire. Ora che le navi sono in porto, geolocalizzate, però, sarà difficile far perdere le loro tracce, sia del carico “eolico” che di quel viavai che si apprestano a consumare proprio sul versante occidentale della Sardegna, confermando quanto avevamo preannunciato nei mesi scorsi, svelando i piani di numerose multinazionali intenzionate a far base proprio a ridosso dell’antica Tharros, il golfo prediletto per lo sbarco “nemico”. Resta da capire chi ha dato l’autorizzazione per trasformare quell’infrastruttura portuale in una piattaforma vera e propria per l’invasione eolica in terra sarda, visto che i piazzali risultano già da settimane occupati da pale eoliche arrivate chissà quando. Di certo nei giorni scorsi il delegato in terra sarda della banca d’affari americana JP Morgan aveva preannunciato, in un incontro pubblico con l’amministrazione comunale di Pula, che Oristano sarebbe stata anche la loro piattaforma d’appoggio per trasportare le pale eoliche destinate ai “grattacieli offshore” da 300 metri nel Golfo degli Angeli, arrivando a spiegare che il trasporto sarebbe avvenuto tutto “cost to cost”, senza “disturbare” la viabilità.

Destinazione “segreta”

Questo, invece, non potrà avvenire per le pale appena arrivate nel porto oristanese visto che quelle “eliche” giganti sono destinate, senza ombra di dubbio, ad impianti terrestri. Indiziati principali di questi sbarchi sono i progetti per i quali il Governo Draghi, manu militari, ha consentito lo stravolgimento degli stessi pareri di Regione e Soprintendenza. Uno tra tutti è sicuramente quello destinato a sfigurare il monumento della Basilica di Saccargia, tra Codrongianus e Ploaghe. Nonostante tutti i pareri contrari, Draghi, prima di lasciare Palazzo Chigi, aveva deciso di approvare quel progetto presentato dai petrolieri della Erg, trasformatisi senza pudore alcuno in una vera e propria “mietitrebbia” di incentivi eolici. L’approvazione fu contrastata dalla Regione che impugnò al Tar quello “scempio promesso” sul proscenio della più celebre delle Basiliche del nord Sardegna. Il Tribunale Regionale emise una sentenza talmente argomentata da rendere la bocciatura di quel progetto senza appello. Le vie dell’ingiustizia, invece, con una tempistica alquanto strana, portarono il Consiglio di Stato, nelle scorse settimane, a ribaltare, senza alcuna apprezzabile motivazione giuridica, il giudizio del Tar dando il via libera allo sfregio di Saccargia. Nelle motivazioni dell’appello dei signori del petrolio, travestiti da “rinnovabili” consumatori di vento, c’era un passaggio eloquente relativo ai danni che quella bocciatura avrebbe causato: abbiamo già contrattualizzato l’acquisto delle pale eoliche.

Fretta petrolifera

Un passaggio che potrebbe confermare la fretta dei “signori” della Erg che, però, non hanno ancora l’autorizzazione unica della Regione. In questo caso non si tratterebbe di un atto obbligato, come qualcuno vorrebbe maldestramente far intendere. Un atto d’indirizzo forte e chiaro dell’organo politico, Presidente della Regione e Giunta, potrebbe, o meglio dovrebbe, infatti, negare, con argomentazioni più che rilevanti, quel via libera a deturpare quel proscenio esclusivo e monumentale. In quel caso, se quelle pale fossero destinate a quel progetto, potrebbero anche non scendere dalla nave. L’assalto eolico, per ora, è ormeggiato nel porto di Tharros, quello degli invasori della Sardegna.

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