Eccezionale ma non inaspettato. Può un telegiornale in lingua sarda diventare virale nel variegato e bizzoso mondo social? Può varcare i confini nazionali e diventare esempio non solo per altre lingue minoritarie ma anche per dialetti regionali? Un bel segnale in questo senso arriva dal Tg di Sardegna 1 che da diversi mesi (soprattutto su Instagram e TikTok) sta registrando numeri che farebbero invidia a parecchi e ben pagati influencer. Circa 800mila visualizzazioni per l’attraversamento stradale di un fenicottero a Cagliari (e ci sta), oltre 500mila per una notizia meno lieve, quindi a rigor di logica meno da impatto social, come un contagio da meningite. E tra le centinaia di commenti, emerge l’”invidia” di chi, dall’altra parte del mare, auspica un telegiornale così anche in Veneto o in Sicilia.

Per capire meglio ciò che sta accadendo siamo andati nella redazione di Sardegna 1 per incontrare la giornalista Paola Pilia, uno dei quattro volti del Tg della rete televisiva del gruppo editoriale L’Unione Sarda, e insieme approfondire meglio e da dietro le quinte.

Paola Pilia, come spiegare questo successo social?

«Forse perché i contenuti che proponiamo sono vari. Spaziano dalla stretta attualità alle curiosità, anche linguistiche. In più ci sono i sottotitoli in italiano che aiutano chi non conosce il sardo ma è curioso di apprenderlo e sono utili per chi invece lo vuole perfezionare. Inoltre conta la viralità che si innesca per motivi anche casuali e che fa girare i post in maniera forsennata. Su tutto: abbiamo un bravo social media manager, Enzo Asuni, che sa come valorizzare i servizi più efficaci, intuendone e anticipandone la potenzialità».

C’è anche un crescente interesse della nuove generazioni di natività digitale verso la nostra lingua?

«Sì, sono tanti i giovani che commentano e condividono i nostri post, soprattutto su TikTok, il social in cui abbiamo più visualizzazioni. Inoltre intorno a noi non abbiamo mica il deserto ma una bella realtà di contenuti in lingua sarda che allargano la comunità e la rendono sempre più attiva e socialmente rilevante. Ad esempio, c’è una scena vivacissima di giovani musicisti che hanno scelto il sardo come lingua principale. Nonché una comunità scientifica attivissima fatta di ricercatori universitari e divulgatori che comunica principalmente in sardo».

Come avviene la scelta delle notizie?

«Il Tg di Sardegna 1 nasce dal Tg di Videolina. Una bella sinergia con i colleghi, con cui lavoriamo fianco a fianco. Condividiamo anche lo studio».

A condurre il tg di Sardegna 1 siete in quattro. Quattro varianti di sardo.

«E, sì. Ci sono Gianni Zanata e Carla Mura che sono cagliaritani. Giovanni Runchina è di Silanus e io sono ogliastrina, di Ulassai. Il tg è semplicemente in sardo. L’obiettivo più importante che abbiamo raggiunto in due anni è di far passare in secondo piano le varianti e far abituare i telespettatori al fatto che ci sono diverse parlate e che si possono comprendere tutte con facilità».

Mai polemiche? Contestazioni? Il sardo e il suo uso spesso sono un campo di aspri confronti.

«Naturalmente, soprattutto nei post che sono virali. C’è chi contesta l’uso di un termine e chi pretende di stabilire qual è il sardo più autentico. Ma sono sempre meno rispetto a quando abbiamo iniziato. E sono di più invece quelli che commentano le notizie scrivendo in sardo. È un risultato insperato proprio perché le critiche verso chi sbaglia sono impietose».

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