Insularità: anche in Sardegna sale la febbre da referendum
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Dopo il voto catalano per l'indipendenza dalla Spagna e in attesa dei quesiti proposti dalla Lombardia e dal Veneto per una maggiore autonomia nella gestione delle proprie risorse economiche rispetto allo Stato centrale, anche la Sardegna punta a un referendum che ha come obiettivo il riconoscimento dell'insularità.
E lo fa attraverso la proposta avanzata dai Riformatori Sardi per ottenere che la condizione ineludibile di isola, con tutti gli svantaggi connessi, venga riconosciuta e inserita - o meglio reinserita, dal momento che è stata annullata nel 2001 con la riforma del Titolo V - nella nostra Costituzione.
Il quesito referendario vuole riportare l'attenzione dei sardi e dei connazionali sulle disparità logistiche, fiscali e commerciali esistenti tra l'Isola e il resto del Paese.
In particolare, si chiede loro di appoggiare le future iniziative istituzionali perché l'insularità rientri nella Carta costituzionale appellandosi all'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
A venti giorni dalla campagna referendaria l'obiettivo delle 10mila firme è stato ampiamento raggiunto e ora si punta alle 100mila, anche grazie all'adesione di oltre 600 amministratori locali, una novantina di sindaci e diverse personalità del mondo della cultura e della politica isolane.
Il presidente del comitato promotore del referendum, Roberto Frongia, rappresenta le ragioni del Sì al referendum. Mentre per i lettori de L'Unione Sarda abbiamo chiesto l'autorevole parere del costituzionalista Valerio Onida, che spiega tra l'altro quale strada sarebbe più corretto percorrere per affermare il sacrosanto diritto al riconoscimento dell'insularità.
Barbara Miccolupi
Le ragioni del sì
Il parere dell'esperto