Continua lo spopolamento dell'Isola: la Sardegna perde abitanti
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In un anno la Sardegna ha perso 5000 abitanti: lo spopolamento prosegue e neppure tanto lentamente.
Il bilancio drammatico del 2016 è dato soprattutto dal continuo calo delle nascite e dal fatto che gli immigrati non riescono a compensare il flusso di emigrazione verso altre regioni italiane e verso l'estero.
I DATI - Sono i numeri Istat dello scorso anno, ripresi dal Sole 24 Ore online, che descrivono un quadro negativo in tutto il Paese (-76.106 unità), con una natalità sempre più bassa anche per gli stranieri - il tasso di crescita naturale degli immigrati nell'Isola è il più basso d'Italia, del 7,7 per mille, contro una media nazionale del 12 per mille - e un altro aspetto da tenere in conto: l'invecchiamento inesorabile della popolazione e la necessità di studiare strategie ad hoc.
L'ARCHITETTO - "C'è bisogno di azioni mirate, chi lascia sono le giovani generazioni, chi resta è sempre più anziano. Stato, Regione e Comuni devono coordinarsi, lavorare in sintonia, la politica deve mettere questi temi al centro delle proprie scelte".
Matteo Lecis Cocco Ortu, consigliere comunale del Pd a Cagliari, con i colleghi ingegneri-architetti Nicolò Fenu e Francesco Cocco ha dato vita a Sardarch, gruppo che studia fenomeni di trasformazione urbana e territoriale e ha di recente pubblicato "Spop", una ricerca sulla Sardegna dei luoghi a rischio scomparsa e una serie di ricette di resistenza e sopravvivenza applicate.
"Ecco, in molte zone si stanno sperimentando azioni di contrasto che partono dal basso, penso ad esempio alle amministrazioni che investono in asili e nella creazione di posti di lavoro nei settori del turismo, dell'ambiente e dell'agricoltura".
IL CAMPUS - Dal canto loro i componenti di Sardarch, oltre a girare per i territori animando dibattiti e festival, hanno organizzato a Nughedu Santa Vittoria (480 anime) dal 5 al 9 settembre, il "Campus Omodeo", un workshop sullo spopolamento al quale interverranno ventiquattro studenti e giovani professionisti sardi con percorsi formativi diversi.
C'è ad esempio un dottorando in geografia alla University of Sussex, un altro ragazzo frequenta il master in antropologia culturale in Svezia all'Università di Uppsala, un'altra partecipante è esperta nella conservazione dei beni architettonici e ambientali e amministratrice locale a Siddi.
Al termine dell'esperienza, presenteranno proposte concrete per "riattivare il tessuto economico e sociale del territorio intorno al lago Omodeo, nelle due Unioni dei comuni del Barigadu e del Guilcer".
L'ESPERIENZA GALLURESE - Altra "sperimentazione" alla quale tutti guardano con interesse è quella relativa all'accordo di programma (il primo in ordine di tempo) siglato nei giorni scorsi tra le Unioni dell'Alta Gallura e della Gallura (15 Comuni) e la Regione.
"Abbiamo fatto un'analisi delle criticità e da lì è partito il discorso su dove indirizzare i fondi", sottolinea Toni Stangoni, vice sindaco di Badesi, "nei nostri paesi, che hanno complessivamente 70mila abitanti, ci sono solo tre asili nido, dunque le risorse in arrivo (32 milioni di euro) serviranno anche per crearne di nuovi. Ancora: faremo tanta formazione, spesso i giovani hanno difficoltà a entrare nel mercato del lavoro perché non hanno le competenze giuste. Da noi, servono professionisti per le strutture alberghiere a 5 stelle e tecnici per il distretto delle energie rinnovabili".
LO STUDIOSO - Marco Zurru, professore associato di Sociologia economica all'Università di Cagliari, avverte: "Abbiamo un problema serio, stiamo perdendo i laureati, il capitale umano. Chi va fuori a studiare per il 60 per cento non torna, il Master and Back in dieci anni ha finanziato emigrazione qualificata. E anche le famiglie fanno sui loro figli due tipi di investimento: la triennale qui, la magistrale fuori. E non riusciamo a invertire la tendenza, anche perché il tessuto produttivo è inadeguato per accogliere persone altamente qualificate, oppure sottoutilizza queste preziose risorse".
Cristina Cossu