Discriminate nella ricerca di un posto di lavoro perché madri, in preda a mille problemi nell’uscire dal tunnel della pandemia. Pj Gambioli, regista, origini nuoresi e un presente a Rimini, è protagonista di un esperimento fra cinema e talk che aggredisce tematiche sociali spinose dando voce soprattutto a un universo femminile coraggioso che non cede di un’unghia nel perseguire la parità di genere.

L’esperimento, originale e accattivante, è cominciato quattro anni fa e in questi giorni sta vivendo una sua tappa sarda, tra il Sassarese, il Marghine e l’Ogliastra. “Mamme Fuori Mercato – ricorda Pj Gambioli - ha iniziato il suo tour nel 2020 e nel 2021 si è arricchito del suo sequel Inverti. Dal 2020 ad oggi abbiamo realizzato un lunghissimo calendario di eventi che sono stati ospitati in oltre 60 città di tutta Italia. La Sardegna, lo dico con orgoglio, è stata una delle regioni più ricettive ad aver sposato il progetto con un sincero interesse. Nello specifico l’Inverti tour che viaggia dal 2022 ad oggi, raggiunge la sua terza edizione. La formula itinerante consente da un lato la visione dei cortometraggi nei luoghi sforniti di cinema di sala, ma anche il suo utilizzo quale strumento empatico per confrontarci su tematiche sociali di difficile approfondimento se i film fossero di esclusiva visione tramite il web”.

La regista nuorese Pj Gambioli (foto concessa)
La regista nuorese Pj Gambioli (foto concessa)
La regista nuorese Pj Gambioli (foto concessa)

Quali gli elementi di novità dal 2020 a oggi?

“Il “nuovo” si rinnova ogni volta proprio grazie al Talk. Ogni evento infatti è diverso da quello precedente poiché insieme alle Pubbliche Amministrazioni o agli enti che lo ospitano si studia un programma di sala che varia proprio per le sue protagoniste. Alcuni esempi di donne che testimonieranno la loro esperienza? Madri caregivers che si sono trovate nelle circostanze di scegliere tra lavoro e cura di familiari disabili o anziani, professioniste che hanno tentato di conciliare lo smartworking con la dad dei figli, insegnanti che in tempi celeri hanno affrontato il digital gap nella gestione formativa di bambini ed adolescenti (non dimentichiamoci che i paesi più piccoli spesso erano sforniti di linea internet e di computer alla portata di tutti), e poi professioniste nel mondo sanitario, spesso anche madri che hanno affrontato durante la pandemia una mole di lavoro inimmaginabile”.

La regista con il pubblico di un talk (foto concessa)
La regista con il pubblico di un talk (foto concessa)
La regista con il pubblico di un talk (foto concessa)

Come rinnovi la freschezza dell’esordio?

“In tanti anni posso dire che ogni volta per me è la “prima” volta. Le voci che ascoltiamo, le testimonianze che emergono attivano percorsi di crescita. Anche le esigenze cambiano a seconda di dove si vive, a volte si amplificano in una direzione piuttosto che in un’altra. Spesso parliamo di risultati positivi, di esempi virtuosi di uomini e donne che lavorano per la collettività cooperando assieme, perché ricordiamoci che la parità di genere la si esprime raggiungendo un equilibrio di opportunità tra i generi e dal mio punto di vista la si può raggiungere solo con un gioco di squadra”.

Dal momento in cui hai scritto il primo film (Mamme fuori mercato) a oggi, noti un'evoluta sensibilità sul tema donne-lavoro oppure siamo punto e a capo?

“Con il trascorrere delle esperienze ho notato che nonostante se ne parli di più e si cerchi di mettere in campo diverse azioni, in Italia il problema è gravoso ed attualmente irrisolto. Sicuramente il nostro è un problema anche di tipo culturale, poiché quando si parla di “donne” spesso si sbuffa come se fossero questioni che non ci riguardano da vicino. Eppure siamo circondate/i di donne”. Una società che può definirsi “sana ed equilibrata” lavora per armonizzare la vita della collettività e questo ancora in Italia si fa fatica a vederlo sebbene in Europa osserviamo diversi esempi virtuosi che potremmo “imitare”. Invece le statistiche ci inseriscono drammaticamente tra gli ultimi posti. Nel 2023 rispetto alla classifica globale si registra un peggioramento, dalla 63 al 79esima posizione, mentre nella classifica europea su 36 paesi, siamo al 30simo posto. Non credo che siamo a punto e a capo perché nel mio piccolo porto testimonianza anche di risultati positivi che rilevo più possibili nei piccoli centri piuttosto che nelle grandi città dove anche la qualità del rapporto umano diventa dispersivo.

Ritieni che registi, musicisti e artisti in genere siano impegnati a sufficienza nell'affrontare queste problematiche?

“La funzione dell’Arte e della Cultura in tutte le sue accezioni è fondamentale per il progresso sociale. Lavorare nei nostri settori è sempre più complicato poiché i finanziamenti alla cultura ed alle opere cinematografiche indipendenti è sempre più intricato, la competizione è altissima e talvolta a rimetterci sono proprio i progetti “a misura d’uomo”, più piccoli ma non per questo meno importanti. Dal mio punto di vista è proprio l’artista che con la sua sensibilità stimola ed accompagna la società ad una riflessione più profonda affrontando spesso tematiche che diversamente passerebbero come secondarie. Peccato che in Italia, decidere di lavorare come professionista in ambito artistico e culturale è una scelta ardua, spesso ripagata con una quasi totale assenza di copertura dei “diritti” spettanti ad altre tipologie di lavoratori. E prendendo spunto dalla pellicola di Paola Cortellesi “c’è ancora domani”, a me piacerebbe poter dire un giorno: è finalmente oggi”.

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