L’hanno invocata a gran voce, dal Montiferru al Campidano, dalla Nurra al Sulcis, passando per la Barbagia e la Gallura. I comitati spontanei contro l’invasione eolica e fotovoltaica, sorti in ogni angolo dell’Isola, l’hanno sollecitata in ogni modo, prima e dopo la campagna elettorale. La parola chiave era «moratoria». In realtà, però, dietro quel termine, apparentemente giuridico, si celano i significati più equivoci e ambigui del diritto. Certamente la sollevazione popolare che scorre su crinali e campi agricoli dell’Isola aveva in mente tutt’altro.

Dallo stop all’armonia

Dalle assemblee di Nuraxi Figus a quelle di Tempio, da quelle di Seneghe a quelle della Nurra, l’obiettivo era scandito a chiare lettere: fermate in ogni modo la devastazione dell’Isola. In poco tempo, però, quell’univoco significato di “stop all’invasione”, nei Palazzi della politica, è diventato qualcos’altro, scandito prima con la definizione delle “aree idonee” e, poi, peggiorando giorno dopo giorno, con l’incipit dell’ultimo atto della Giunta regionale che invoca «l’obiettivo di favorire lo sviluppo regolato e armonico degli impianti di produzione e accumulo di energia eolica e fotovoltaica».

Effetto boomerang

Insomma, come dire che bisogna cercare di far diventare «armonica» una pala eolica davanti alla Reggia Nuragica di Barumini o di Santu Antine a Torralba. Impresa ardua, anche per i comunicatori dell’impossibile. Gli annunci per giorni si sono ricorsi, come se i Signori del vento fossero stati respinti alla pari delle gesta de Sa die de sa Sardigna del 1794. Certo, l’assalto eolico e solare è divenuto ora come non mai il “thema decidendum” del Governo regionale, il primo atto legislativo a cui è chiamato il nuovo Consiglio Regionale, è la priorità assoluta dell’intera classe politica sarda. La realtà, però, è ben altra: dietro ogni provvedimento si celano insidie, pericoli e contraddizioni, che a volte rischiano di trasformare anche le buone intenzioni in un boomerang senza vie di scampo.

Disegno, non legge

Prima di tutto il provvedimento approvato dalla Giunta Regionale. Tecnicamente non è una legge. Non è nemmeno un decreto-legge, la cui efficacia sarebbe immediata ma avrebbe vita breve, appena sessanta giorni, entro i quali il Parlamento lo può convertire, con eventuali modifiche, in una legge vera e propria. La Regione sarda, però, non ha il potere di decretazione. La Giunta Regionale, quando vuole avanzare una propria proposta legislativa, deve approvare il testo e inviarlo al Consiglio Regionale per il suo esame e l’eventuale approvazione. La proposta della Giunta, in questo caso, è un “Disegno di legge”. Non un passaggio di poco conto sul piano dell’efficacia normativa: ad oggi, infatti, con l’approvazione di quel provvedimento della Giunta regionale niente è cambiato. I “signori del vento” sono, per adesso, al sicuro perché il testo-proposta approvato dall’esecutivo non ha alcuna efficacia. L’unico provvedimento che può incidere è una legge del Consiglio Regionale, qualora intervenga direttamente sul cuore del problema, senza labirinti e perdite di tempo. Dunque, non basta una legge qualunque, non un provvedimento a favore di telecamere, ma occorre una norma capace di incidere realmente sul grave rischio di devastazione che incombe sull’Isola.

Montesquieu e le leggi inutili

Montesquieu, il più celebre dei giuristi e filosofi del Diritto, amava ripetere: “Le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie”. Il Consiglio Regionale è, dunque, chiamato, oggi più che mai, ad affrontare una vera e propria emergenza: approvare una legge "necessaria”, evitando quelle “inutili”. Il primo tema è quello di incidere rapidamente e con efficacia contro l’assalto “violento” che la Sardegna sta subendo da multinazionali calate nell’Isola da ogni latitudine, dalle cinesi alle americane. In questa direzione va, dunque, esaminata la capacità di una norma di incidere realmente sul processo decisionale che riguarda la presentazione di centinaia di devastanti progetti pseudo-energetici in ogni angolo dell’Isola.

Rischio irreversibile

Il Disegno di legge che la Giunta ha proposto al Consiglio Regionale, se venisse approvato tale e quale, rischia, infatti, di trasformarsi in un vero e proprio boomerang, con conseguenze irreversibili. In sintesi: la Giunta regionale sarda ha proposto all’assemblea legislativa un disegno di legge che blocca per 18 mesi la sola «realizzazione» di centrali eoliche e fotovoltaiche. Questo significa che per un anno e mezzo, in teoria, sarà vietato l’inizio dei lavori di costruzione di nuove pale eoliche e nuove distese di pannelli fotovoltaici. Non sarà bloccato, invece, l’iter autorizzativo per l’approvazione di quelle centinaia di progetti già all’esame del Ministero dell’Ambiente e della stessa Regione sarda. In pratica, i “signori del vento” potranno utilizzare i 18 mesi di quella impropriamente definita “moratoria” per farsi approvare i progetti presentati o da presentare, sia a Roma che a Cagliari.

”Bolla” autorizzativa

Il risultato sarebbe devastante: in 18 mesi si potrebbe generare una vera e propria “bolla” autorizzativa dando il via libera a moltissimi progetti che risulterebbero fra un anno e mezzo approvati e autorizzati. A quel punto a niente servirebbe qualsiasi norma vincolistica, sia essa contenuta in un piano paesaggistico, aggiornato o ampliato, o altre norme su aree idonea, per il semplice motivo che non potrebbero, nessuna delle due ipotesi, incidere con effetto retroattivo sulla valanga dei progetti già approvati nel periodo di “teorica” o “fantomatica” moratoria dei 18 mesi. A questo si aggiungerebbe un aggravante senza precedenti: i “signori” del vento e del sole avrebbero a quel punto incassato un “diritto acquisito”, che nessuno potrà più revocare, salvo il pagamento di un danno economico esorbitante per la pubblica amministrazione e quindi per le casse pubbliche. Insomma, parafrasando Montesquieu, il rischio non è solo una legge inutile, ma perfino dannosa.

Tempi lunghi e tardivi

La Giunta regionale nei 18 mesi di “apparente” tregua si ripromette di «aggiornare e completare il Piano paesaggistico regionale» e «approvare la mappa delle aree idonee». Per evitare conseguenze irreversibili occorre essere realisti: i tempi per elaborare questi atti e le conseguenti approvazioni sono oggettivamente talmente lunghi che si finirebbe per arrivare troppo tardi, quando gran parte dei progetti eolici e fotovoltaici saranno stati già “irreversibilmente” approvati e autorizzati. Si andrebbe, insomma, incontro a norme tardive, inefficaci, alla fine assolutamente inutili e persino pericolose negli effetti.

Norme necessarie

Per questa ragione appare indispensabile perseguire norme “necessarie”. In questo caso in soccorso al legislatore regionale intervengono lo Statuto sardo, norma di rango costituzionale, le norme di attuazione, e gli autorevoli pronunciamenti in materia della massima Corte delle Leggi. I sostenitori dell’invasione dell’Isola, che pure esistono anche nelle istituzioni sarde, confidano nella bocciatura di qualsiasi legge in materia di tutela della Sardegna da parte della Corte Costituzionale e dei Tribunali Amministrativi. Un rischio che non va escluso, ma che, proprio per questo motivo, deve essere attentamente evitato, a partire proprio dalla individuazione puntuale delle competenze che la Costituzione e, in termini rafforzativi, sia lo Statuto che le norme di attuazione, attribuiscono alla Regione sarda. Un passaggio decisivo in grado di accelerare e mettere sotto massima tutela costituzionale una norma "giuridicamente ancorata” alla funzione “urbanistica” piuttosto che alla competenza eccessivamente contrastata della “Tutela paesaggistica”.

Urbanistica, chiave di volta

La chiave di volta, insomma, è una norma immediata, cogente ed efficace che vieti strutturalmente queste devastazioni territoriali facendo ricorso all’unica competenza esclusiva applicabile a questa emergenza: quella dell’urbanistica. Una “esclusiva” competenza attribuita alla Sardegna in sede di Costituente quando, nel 1948, anno di approvazione dello Statuto, all’articolo 3, è stata introdotta la lettera «f», quella che riconosce alla Regione la primaria attribuzione delle materie su «Edilizia e Urbanistica».

Serve blocco efficace

È su questa competenza che occorre intervenire con immediatezza proprio per apporre un serio e concreto blocco permanente a questa invasione di pale eoliche e distese di pannelli di silicio sui terreni agricoli. Che questa del blocco dei progetti eolici e fotovoltaici sia, senza mezzi termini, materia di pertinenza esclusiva della Regione lo ha abbondantemente acclarato la Corte Costituzionale con la sentenza n.51 del 2006. Una pronuncia che non lascia adito a dubbi.

Sardegna titolare

Respingendo il ricorso dello Stato contro una legge in materia urbanistica della Sardegna i Giudici costituzionali hanno deciso senza appello: «occorre chiarire la natura e la portata delle attribuzioni spettanti alla Regione Sardegna in relazione agli oggetti disciplinati, rilevando peraltro fin da ora come il ricorrente (il Governo n.d.r.) non abbia in alcun modo dato conto né della presenza, in tema di tutela paesaggistica, di apposite norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Sardegna, né della stessa esistenza di una risalente legislazione della medesima Regione in questo specifico ambito (legge della Regione Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45, recante “Norme per l’uso e la tutela del territorio regionale”) e di cui le disposizioni impugnate nel presente giudizio rappresentano una parziale modificazione ed integrazione».

Il Ministero «trasferito»

Come dire: la Sardegna non solo ha il potere esclusivo in materia di «Edilizia e Urbanistica», ma ha persino attribuzioni esclusive in materie non strettamente urbanistiche. Scrive la Corte: «Le ripetute affermazioni contenute nel ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri anzitutto non prendono in considerazione che il Capo III del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), intitolato “Edilizia e urbanistica”, concerne non solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche le funzioni relative ai beni culturali e ai beni ambientali; infatti, l’art. 6 dispone espressamente, al comma 1, che «sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna le attribuzioni già esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ed attribuite al Ministero dei beni culturali ed ambientali nonché da organi centrali e periferici di altri ministeri».

Urbanistica & paesaggio

Al tempo stesso, ricorda la Corte Costituzionale, c’è la “Norma di attuazione” del 1975 che affida alla Regione sarda «altresì la redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici, di cui all’art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497». Le toghe costituzionali, “ad adiuvandum” aggiungono: «è evidente che la Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia e urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale». Tutto questo scrive la Corte «sia sul piano amministrativo che sul piano legislativo». Per questo motivo non serve perdere altro tempo con norme dilatorie, inefficaci e tardive. Lo Statuto attribuisce alla Regione la competenza esclusiva sull’urbanistica, senza sconfinare in competenze che qualcuno potrebbe ritenere concorrenti con lo Stato come quella “paesaggistica”. La funzione “Urbanistica” per la Regione sarda è indiscutibilmente materia esclusiva, non contrastabile, sufficiente per vietare subito, e senza norme “perditempo”, il disastro che altrimenti travolgerebbe la Sardegna. Norme efficaci e, per dirlo con Montesquieu, necessarie, per evitare quelle inutili e dannose.

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